Olivier de Berranger

Il tasso ritrovato

Si annuncia una nuova era di abbondanza. Non, ahimè, sul piano politico, sociale, ambientale né tantomeno economico. Ma per i detentori di obbligazioni. Un tempo ritrovato, andato perduto oltre dieci anni fa, dall’epoca in cui con le obbligazioni si guadagnava a fronte di un rischio misurato, o nullo.

Come in una faticosa ricerca, gli investitori hanno dovuto affrontare molte prove per ritrovare questo Eden. Sono passati attraverso tassi zero o addirittura negativi. Nel 2020 hanno dovuto accettare di prestare allo Stato austriaco per 100 anni per ottenere un magro 0,85%. Hanno poi dovuto attraversare un 2022 in cui le obbligazioni, anche quelle meno rischiose come il decennale tedesco, hanno perso oltre il 20%. Allo stesso tempo, l’inflazione imperversava con picchi quasi al 10% annuo. La perdita reale in capitale su queste obbligazioni di qualità è stata superiore al 30%! E il 2023 sta amplificando queste perdite.

Tuttavia, queste avversità hanno portato ora a una situazione normalizzata, quasi dorata: prestare alla Germania per 10 anni rende ormai quasi il 3% l’anno, agli Stati Uniti quasi il 5%. Senza dimenticare il 2% circa se si presta alle aziende di grande qualità…

Certo questo nuovo mondo, o questo ritorno al mondo antico, non è così idilliaco come sembra. Per esempio le obbligazioni sovrane con scadenza breve di emittenti reputati solidi rendono di più di quelle a lungo termine, uno squilibrio destinato a invertire la rotta. Gli spread tra titoli sovrani e titoli corporate sono a un livello medio e non elevato, lasciando quindi un margine per un eventuale deprezzamento in caso di crisi economica che causi dei default. Inoltre, anche se il percorso sembra ormai avviato, l’inflazione non è ancora totalmente sotto controllo ed erode sempre qualche punto percentuale ‘‘reale’’ ai rendimenti nominali. Infine, c’è da chiedersi quanto siano sostenibili gli attuali livelli dei tassi per le imprese e gli Stati con bilanci meno solidi. Anche se finora sono stati protetti da un indebitamento costituito essenzialmente nell’epoca dei tassi bassi, si avvicina ineluttabilmente il momento di rifinanziarsi a tassi più elevati. Una tappa che potrebbe essere fatale ai più fragili… e ai loro creditori.

Tuttavia, per questi ultimi il rimedio sta nella fonte stessa del tormento dei debitori: il carry sulle obbligazioni è ormai sufficiente a recuperare prontamente, in un portafoglio ben diversificato, un eventuale mancato rimborso con il rendimento degli altri titoli. E un ulteriore rialzo dei tassi che inciderebbe sul prezzo delle obbligazioni già emesse sarebbe compensato in tempi ragionevoli da un carry tornato a essere significativo. In ogni caso, la situazione sarebbe nettamente più favorevole rispetto a quella predominante fino a poco tempo fa!

Naturalmente, l’era dei creditori è una tribolazione per i debitori! Che devono cercare in tutti i modi di compensare questo nuovo onere, mostrandosi più esigenti, o meno generosi, verso i propri clienti, dipendenti, azionisti o elettori. Si osserva già un rallentamento dei programmi di buyback azionario da parte delle aziende americane, che sostenevano le quotazioni.

D’altro canto, un mondo di creditori troppo ricchi recherebbe in sé il germe della propria fine, poiché minaccerebbe la solidità finanziaria di imprese e Stati.

Ora come ora, per fortuna, questa minaccia è tollerabile. Il mercato sconta tassi di policy meno elevati per i prossimi trimestri. Le Banche centrali inoltre faranno in modo di non rendere troppo fragile il sistema. Si sveglieranno di buon’ora, per far sì che il tempo ritrovato delle obbligazioni non vada perduto.

Stimolati dalle opportunità che si presentano dopo tanti anni di magra, e sempre esigenti sulla qualità degli emittenti, i nostri fondi e portafogli obbligazionari traggono già beneficio da questa nuova era. Perché anche con il vento a favore, ci saranno sempre delusioni. Nelle obbligazioni come nelle azioni, la selettività è sempre d’obbligo.

 

Redazione completata il 05/10/2023

 

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