L’energia del progresso
Il gas s’infiamma! Da inizio anno, il prezzo di riferimento sul mercato del gas in Europa¹ ha guadagnato più del 300%. Il prezzo dell’emissione di CO² è alle stelle: quasi il 130% di aumento in un anno2. L’elettricità, indicizzata sul gas, segue la scia. E il petrolio sfiora gli 80 dollari al barile per il Brent contro i 45 di inizio anno.
E gli effetti ci sono tutti: penuria di elettricità in Cina, impennata dei costi in Europa, ricorso al carbone ovunque sia possibile, perfino nell’ambientalista Germania! E naturalmente lievitano anche i costi sociali.
Questa fiammata è la conseguenza di un mondo green ancora agli albori, che rende le energie inquinanti più care, senza proporre ancora un’energia pulita alternativa sufficiente? O invece è un ultimo sussulto del mondo brown che lascia spazio al green?
In parte questo aumento è senz’altro transitorio: dopo il gelo economico inflitto dai governi per lottare contro la propagazione del virus, un brusco disgelo economico è logico e con lui un aumento della domanda di energia, perché ahimè questi due fattori marciano da sempre in parallelo, perlomeno fino ad adesso. Peraltro si avvicina l’inverno nell’emisfero nord, che intensificherà la domanda per alcuni mesi.
Ma c’è un altro motivo, più strutturale: la transizione energetica non è gratuita. Da un lato occorre ricostruire il sistema energetico attuale e svalutare gli investimenti pregressi nei settori brown, ossia dei fossili (da tutti i punti di vista). La produzione in grandi quantità di pale eoliche, pannelli solari, batterie, cavi e altri materiali richiede energia e un quantitativo considerevole di metalli, talvolta rari, la cui lavorazione è particolarmente inquinante. Dall’altro, poiché il ricorso alle energie fossili è scoraggiato dalle normative e dal mercato, i costi di produzione tendono ad aumentare.
Ci troviamo quindi di fronte a una “tragedia in prospettiva”: decarbonizzare a lungo termine ricorrendo a breve termine alle energie di origine fossile. Questa tragedia deve essere finanziata e sostenuta.
Il finanziamento dipende in parte dalle banche, in particolare le banche centrali, con il loro potere di orientare parte dei flussi finanziari attraverso le condizioni di mercato che instaurano. Da custodi della moneta sono quindi chiamate a diventare, in una certa misura, custodi delle condizioni finanziarie della transizione energetica.
Ma il finanziamento dipende anche dal mercato, al quale le aziende possono rivolgersi per finanziare la propria transizione. Ed è qui che l’investitore azionario o obbligazionario può svolgere un ruolo centrale: può favorire le società realmente impegnate nella transizione al di là dei semplici slogan, e quindi sostenere un sistema economico dove l’energia, meglio prodotta e gestita, sarà meno cara a lungo termine, come ha dimostrato la BCE nello stress test climatico appena pubblicato.
Il mercato possiede l’energia finanziaria necessaria per progredire su questa strada, che non è certo priva di insidie. È fondamentale saperlo indirizzare, come fa La Financière de l’Échiquier adottando una strategia sul clima ambiziosa, frutto di un impegno trentennale a favore dell’investimento responsabile.