Coline Pavot

Specchio, specchio delle mie brame, Chi è davvero green nel reame?

 

Più si consolida l’approccio ecologico delle aziende, più ci si domanda, poco fiduciosi, quanto siano sinceri i loro impegni. I prodotti di risparmio responsabile non sfuggono alla regola, il cui sviluppo è ancor più preoccupante vista la recente accelerazione in atto. Le autorità di regolamentazione ne sono perfettamente consapevoli come dimostra l’ondata normativa che si riversa sugli operatori finanziari da diversi mesi ormai. Proponiamo un breve ripasso di una puntata di questa serie normativa che continuerà a far parlare.

 

Uno strumento per combattere il greenwashing e finanziare la transizione

La tassonomia europea è l’arma del regolatore nella lotta contro il greenwashing. Questa classificazione delle attività economiche permette di identificare, sulla base di dati scientifici, ciò che è “verde” e ciò che non lo è. Così, eliminando il rischio di una comunicazione ingannevole, la caratterizzazione dell’impatto ambientale di prodotti e servizi non dipende più dalla sola interpretazione delle aziende e degli investitori. Questo linguaggio comune punta a concentrare e accelerare gli investimenti necessari per raggiungere la neutralità carbonica in Europa entro il 2050.

 

Verde che più verde non si può?

La tassonomia europea genera anche molti effetti a catena per le società di gestione patrimoniale. Nell’ottica delle preferenze ESG dei clienti[1], e a più lungo termine di un possibile Ecolabel europeo, dimostrare un forte allineamento con la tassonomia sarà un modo per attirare i capitali. Ma lo sfasamento temporale tra le pubblicazioni delle aziende e degli investitori, che si aggiunge alla grande eterogeneità dei dati forniti dalle agenzie di rating, spinge a interrogarsi sull’affidabilità dei futuri report. Tra comunicazioni oneste da un lato, e aggressive dall’altro, la minaccia del greenwashing incombe sulle società di gestione. C’è da sperare che in molte si sapranno tutelare e usare la tassonomia a ragion veduta, come cartina di tornasole del loro impegno a favore del clima.

 

Un’attuazione delicata  

Sul fronte delle aziende, la promessa di un maggiore sostegno finanziario suscita bramosia…  ma a quale prezzo? Di fronte alla complessità dei testi normativi e all’eterogeneità della loro interpretazione, sono molte le domande che sorgono sulla qualità della reportistica che le aziende saranno in grado di produrre. Quale sarà il prezzo da pagare per quelle con una comunicazione e un calcolo meno aggressivi, rispetto alla concorrenza, dell’allineamento e dell’ammissibilità delle loro attività alla tassonomia? E che dire della recente inclusione del nucleare e del gas, in assenza di un reale consenso scientifico, che sconvolge la leggibilità e la credibilità di questo ambizioso approccio?

Da investitori responsabili e impegnati riteniamo di dovere andare oltre la mera regolamentazione. Abbiamo il dovere di sensibilizzare i nostri clienti e i nostri stakeholder di fronte alla complessità dell’implementazione di questo approccio e di informarli circa i limiti metodologici attuali. Questo lavoro educativo è essenziale per sostenere un’attuazione informata di questi testi, il cui obiettivo è lo stesso di quello della nostra strategia sul clima adottata all’inizio del 2021. Lo stesso spirito e la stessa ottica di miglioramento continuo ci indurranno a pubblicare, in un prossimo report su Clima e Biodiversità, i primi elementi sull’ammissibilità e l’allineamento dei nostri fondi.

 

[1]Nell’ambito della revisione della MIFID II sui prodotti che considerano le preferenze ESG – Environmental, Social, Governance – dei clienti.